Per gli amanti del teatro ottobre è il periodo in cui tutto comincia: laboratori, rassegne, workshop. Scegliere il proprio percorso in questi giorni è un’attività faticosa e a tratti snervante, perché di fronte a mille proposte non sappiamo cosa scegliere.
Questo vale per chi è allievo, ma anche per chi li conduce. Perché è questione di progettazione.
Progettarsi vuol dire guardarsi un pochino più in là, nel tempo che ancora non possediamo, che vorremmo governare per sentirci sicuri ma che invece ci sfugge. È la sua natura. Il tempo futuro sfugge. E la nostra indole (o piccola psicosi) è quello di anticiparlo.
Ma siamo davvero sicuri che impegnarci a prevedere sia davvero la nostra unica salvezza?
Penso ad esempio a chi sceglie un laboratorio per i propri figli. Perché lo sta facendo? Cosa desidera davvero da questo o quell’altro corso di teatro? Vuole che il proprio figlio o figlia diventi un attore o un’attrice? O forse desidera che il teatro sia un’esperienza di crescita creativa e personale?
Questo vale anche per chi sceglie il corso per sé e anche per chi lo tiene. Certo quando lo scegli per altri la responsabilità è maggiore e forse, ascoltare il diretto o la diretta interessata farebbe bene a tutti.
Ascoltarsi reciprocamente quindi, nei sogni, nei desideri, nei piaceri. C’è chi si sente bene facendo fatica nello sport e chi aprendo mondi creativi nel teatro, o suonando uno strumento. Ma in ogni caso la domanda spesso è:
“Cosa ci aspettiamo di diventare?”
Forse sarebbe meglio intraprendere un percorso per la ricchezza che questo possiede e che può regalarci, al di là del “sapere” che ci dà, della “tecnica” che riceviamo.
Non è sempre questione di tecnica, di sapere, di eccellere, di brillare. È anche voglia di ritrovarsi, di esprimersi, di lasciare uscire ciò che abbiamo da dire. Soprattutto per le personalità in crescita, in formazione.
Ed oggi, che è quasi ottobre, penso a tutti i formatori che conosco, alla passione che ci mettono, ai confronti avuti nelle classi. E ci penso davvero, a tutti loro, che sono là, come me, sulla riga di partenza dei loro laboratori. Penso al fatto che l’unica verità è che ci educhiamo reciprocamente e che abbiamo bisogno di farlo per conoscere il mondo che cambia, così velocemente da lasciarci a volte senza parole.
Forse (ne ho scritti molti di “forse” in questo articolo e che la dice lunga) in quel silenzio sta l’attività di un formatore, nell’osservazione e nel porsi continuamente la domanda “Cosa faccio affianco a miei allievi?” “Cosa mi stanno chiedendo? Di cosa hanno bisogno?”
Le strade che ci portano ad un corso di teatro sono molteplici. Ognuno di noi entra in un laboratorio per i motivi più svariati. Spesso ha solo bisogno di sentirsi visto. Adulto, ragazzo o bambino che sia. Noi formatori quasi sempre siamo solo una tappa nel percorso dei nostri allievi, siamo degli incontri, siamo un paesaggio che si è fatto casa per un pochino e in quella casa loro hanno abitato per del tempo.
Per il tempo necessario a mettersi alla prova, a ritrovare il passo che più piace loro o la prospettiva dalla quale vedersi proiettati nel futuro.
E allora, se a ottobre iniziate un corso di teatro, che questo sia là a dirvi che siete vivi grazie a quel percorso. Che vi faccia vedere giorno dopo giorno tutto ciò che potete esprimere. Che possiamo esprimere, immersi come allievi, o impegnati come formatori.
Emme